Dai computer all'intelligenza artificiale
L'evoluzione della macchina imprescindibile che oggi tutti utilizziamo
Oggi ognuno di noi possiede un computer tascabile, si chiamano smartphone. Ma benché si tratti di una tecnologia acquisita è bene ricordare che questo concetto è nato nel lontano (o vicino) 2007, quando Steve Jobs presento l’iPhone. Questo genere di prodotti, ora imprescindibili, sono nient'altro che calcolatori. Un tempo esistevano calcolatrici e calcolatori. Le calcolatrici al femminile si riferivano proprio alle donne che, durante la seconda guerra mondiale a Los Alamos, nel 1943 effettuavano calcoli per progettare la bomba atomica. Compito affidato alle donne proprio perché gli uomini erano al fronte a combattere. A quel tempo le calcolatrici, intese come oggetti, avevano un costo proporzionale alle capacità di calcolo. Da quelle piccole a tascabili a quelle enormi che necessitavano di enormi stanze. I più anziani ricorderanno che nelle prime facoltà di informatica degli anni 70-80 c’erano ancora i professori della vecchia guardia che giravano in camice bianco e cacciaviti alla mano che servivano a cambiare le connessioni di queste enormi macchine, o computer, dell’epoca".
La svolta la diede Alan Turing che nella tesi di laurea inventò, in via teorica, il concetto di computer moderno. Siamo nel 1936. L’idea fondamentale di Turing era che invece di far crescere le macchine per aver più funzioni, bisognava “solo” crearne una sufficientemente grande da simulare delle istruzioni date. Si introdusse il concetto di programmazione. La stessa idea di Turing la ebbe 100 anni prima Charles Babbage quando a metà 800, sempre in Inghilterra, che in quegli anni era più avanti degli Stati Uniti, ebbe l’idea di un computer con tecnologia dell’epoca. Un computer a vapore.
L’Idea di Turing fu quella di meditare su cosa fa un matematico quando fa un operazione, costruendo una macchina che segua istruzioni date in modo elementare e preciso così come si danno ai bambini: creò il programma.
La Macchina di Turing era pensata come una macchina da scrivere quindi dotata di tastiera con numero finito di comandi e con numero finito di stati; ovvero ad ogni tasto corrispondevano dei diversi comandi se selezionati attraverso uno stato diverso. (Quelli che ora sono alt-ctrl-shift).
Da qui l’idea di un'intelligenza artificiale. Infatti le prime macchine venivano chiamate cervelli artificiali. Ma che differenze ci sono tra cervello e macchina? Il cervello, che è più complesso, è dotato di 100 miliardi di neuroni. Numero interessante perché è il numero di stelle nella nostra galassia (delle quali ne vediamo qualche migliaio a occhio nudo) e il numero galassie nell’Universo. Sempre per una coincidenza questo numero corrisponde al numero di uomini vissuti sin ora.
Tornando al numero di stati, anche considerando le varie connessioni tra neuroni, seppur molto grande e complesso si tratta comunque di un numero finito.
Dopo le componenti, cambia la chimica: noi umani siamo macchine che funzionano principalmente a carbonio, quindi chimica organica. La macchina è sostanzialmente a silicio.
Nel 1943 Mcallow e Pizt costruirono, prendendo spunto dal cervello, su com’è fatto e su com’è costruito, la scatola nera costituita da un circuito elettrico che doveva implementare delle operazioni logiche elementari.
A questo punto sfruttando il lavoro di George Boole che a sua volta sfruttava la logica degli antichi greci tradotta in formule algebriche si potette dal punto di vista dell’elettricità immaginare due fili che convergono in un punto che diano un segnale di ON se entrambi sono ON, oppure di OFF se almeno uno dei due risulta di OFF (con i numeri 0 e 1 del sistema binario). A questo punto, complice la fine della guerra, si costruì dopo il 1945 e non in Inghilterra ma negli Stati Uniti la prima macchina calcolatrice.
In Inghilterra Turing, in via teorica non avendo a disposizione un computer, scrisse delle istruzioni che simulavano un programma per giocare a scacchi e giocò contro un uomo seguendo le sue istruzioni comportandosi da macchina, ma perse. Così facendo però lanciò l’idea, ovvero programmare una macchina per giocare a scacchi rendendola indistinguibile da un uomo ma senza copiare i passaggi mentali di un uomo, bensì improntandola al risultato. Parliamo del gioco delle imitazioni, ovvero il test di Turing, far fare ad una macchina cose, in modo da renderla indistinguibile da un uomo. Ci è riuscito? La risposta è: dipende.
L’idea dell’intelligenza artificiale nacque nel congresso del 1956, imitando le funzioni mentali. Le sfide erano giocare a scacchi e far matematica. Il primo intento riuscì nel 1997 quando il campione mondiale Kasparov perse in un torneo contro una macchina.
L’idea dell’intelligenza artificiale nacque nel congresso del 1956, imitando le funzioni mentali. Le sfide erano giocare a scacchi e far matematica. Il primo intento riuscì nel 1997 quando il campione mondiale Kasparov perse in un torneo contro una macchina.
E nella matematica? Qui è più difficile, si sono riusciti a dimostrare teoremi però è possibile cooperare con la macchina per fare calcoli più complessi.
A tutt’oggi difficile è per la macchina riprodurre emozioni. Fino a qualche tempo fa sembrava impossibile far riconoscere i volti o le voci, ma negli ultimi anni si sono fatti grandi progressi. Con la vista si è riusciti grazie alla realtà virtuale che è in grado addirittura di riprodurre realtà alternative, con i dovuti limiti ovvio, ma qui ci aiuta l’ottica. Invece riprodurre sensi come olfatto e gusto ad oggi è una sfida difficile perché ci vuole la chimica e grandi passi si dovranno fare.
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